Sardegna: due aziende artigiane su tre in crisi per la concorrenza sleale del sommerso
In Sardegna due imprese artigiane su tre soffrono la concorrenza sleale del sommerso. Migliaia di “non imprese” e oltre 9 mila i “lavoratori fantasma”. Edilizia, servizi alla persona e artistico i settori più colpiti.
di Alessio Atzeni
In Sardegna, due imprese artigiane su tre, il 65,3% di quelle regolari, soffrono la concorrenza sleale delle aziende in nero e “sommerse”. Il tutto si traduce in 23.222 imprese artigiane regolari sarde, delle 35.562 registrate negli Albi, che, rispettando le leggi e pagando le tasse, devono “combattere” contro un numero imprecisato di “non imprese”, che operano fuorilegge e in modo scorretto e fraudolento.
Stessa sorte tocca ai dipendenti regolari: ognuno di loro compete quotidianamente contro 1,4 “occupato non regolare”. Per questo, i circa 56mila occupati regolari artigiani, ogni giorno, devono combattere un vero e proprio “esercito” di quasi 9mila lavoranti sconosciuti a tutti, che si traduce nel 15,4% del totale della forza lavoro del settore.
Sono questi gli allarmanti dati del dossier “L’Artigianato maggiormente esposto alla concorrenza sleale del sommerso”, realizzato dall’Osservatorio di Confartigianato Sardegna per le MPI su dati ISTAT e UnionCamere-Infocamere al 31 dicembre 2017.
“Il lavoro sommerso è una cancrena che sta portando alla devastazione tutto l’artigianato – commenta Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – una situazione che o la si combatte ancora più duramente oppure potrebbe condannare migliaia di imprese alla chiusura in pochi anni”. “Nessuno deve più tollerare le attività irregolari come se fossero, in qualche modo, legittime anche se talvolta necessarie per la sopravvivenza di molte famiglie – continua Matzutzi – perché il fenomeno è una grave minaccia soprattutto per gli artigiani e per le piccole imprese: noi piccoli siamo le prime vittime della concorrenza sleale di chi lavora senza rispettare le leggi”.
Tra i vari settori, le costruzioni sono le più colpite con 13.148 imprese esposte alla concorrenza sleale, ovvero il 56,6% dell’intero comparto. Seguono le imprese di servizi alla persona e benessere (parrucchieri, estetisti, ecc) con 4.312 realtà, in rappresentanza del 18,6% del settore, 2.589 imprese di trasporti e facchinaggio (l’11,1%). Seguono i servizi di alloggio e ristorazione, le imprese di comunicazione e informazione, l’agricoltura e la pesca, l’autoriparazione, l’istruzione, la fabbricazione di prodotti chimici e l’industria estrattiva.
Tra le province, 8.713 imprese esposte alla concorrenza sleale si trovano a Cagliari (di cui ben 4.425 imprese dell’edilizia), segue Sassari con 8.411 realtà (di cui 4.949 edili), poi Nuoro con 4.156 (2.630 edili) e Oristano con 1.942 (1.144 costruzioni).
“L’abusivismo è strettamente collegato alla crisi ma non deve essere tollerato – commenta Stefano Mameli, Segretario Regionale di Confartigianato Sardegna – uno dei settori particolarmente a rischio, oltre l’edilizia, è quello dei parrucchieri ed estetiste, spesso ex dipendenti licenziati che continuano ad esercitare a casa loro, poi ci sono idraulici ed elettricisti che arrotondano anche se non prestano più i loro servizi ufficialmente. Ci sono anche dipendenti in mobilità o i fruitori di ammortizzatori sociali. Questo esercito di abusivi, non solo fa concorrenza sleale alle imprese regolari ma determina una rilevante evasione fiscale e contributiva”. “Poi ci sono gli “hobbisti” che proliferano nell’artigianato artistico, quelli che ogni giorno colpiscono duramente il lavoro dei piccoli imprenditori regolari – prosegue Mameli – sono i finti artigiani, i furbetti che si spacciano per ceramisti, tessitori, fabbri ma che di regolare non hanno nulla. Niente tasse, nè contributi, nessuna autorizzazione o permesso, gli abusivi sottraggono risorse allo Stato, fanno concorrenza sleale ai veri imprenditori, danneggiano i consumatori. Una piaga endemica nel nostro Paese, che in questi ultimi anni è in crescita costante”.