Rubrica ”Una strada, un personaggio, una Storia”: Cagliari, via Enrico Fermi
Ogni settimana parleremo di una strada raccontando la storia del personaggio a cui è dedicata. Si potranno scoprire così le persone, molte volte sconosciute, legate alla storia della Sardegna o Italiana tramite la loro biografia.
di Annalisa Pirastu
Via Enrico Fermi è una traversa di via Generale Cagna.
Enrico Fermi nasce a Roma nel 1901 ed è considerato, dopo Galileo Galilei, il più grande fisico italiano di tutti i tempi.
Fermi fu un uomo dall’inusuale elasticità mentale e senso comune e un teorico dotato di grande talento. In laboratorio procedeva velocemente basandosi sul suo intuito. La scoperta che gli fece assegnare il Premio Nobel non sarebbe mai avvenuta senza una sua decisione dell’ultimo momento.
Affermò, forse con troppa modestia, che le stesse scoperte a cui era arrivato avrebbero potuto essere fatte da qualcun altro ma lui era semplicemente arrivato prima.
Il contributo di Fermi alla Fisica è evidente soprattutto negli studi teorici e sperimentali nell’ambito della meccanica quantistica e in particolare della fisica nucleare: la teoria del decadimento Beta, la statistica quantistica di Fermi-Dirac e i risultati riguardanti le interazioni nucleari.
In suo onore venne dato il nome ad un elemento della tavola periodica, il fermio, ad un sottomultiplo del metro, il fermi, comunemente usato in fisica atomica e nucleare, e a una delle due classi di particelle della statistica quantistica, chiamate fermioni.
Enrico nasce da Alberto Fermi, ispettore capo presso il Ministero della Comunicazioni, e da Ida De Gattis, maestra elementare. Ultimo di tre figli, mostra subito una grande attitudine per lo studio. La sorella primogenita Maria nata nel 1899, muore nel 1959, nel disastro aereo di Olgiate Olona.
Durante il liceo Enrico incontra l’ingegnere Adolfo Amidei, che lo indirizza agli studi di matematica. Per conto suo studia fisica discutendone spesso per corrispondenza con Enrico Persico, un amico del fratello Giulio da cui Enrico era inseparabile, anch’egli scomparso precocemente. Giulio muore infatti nel 1915, nel corso di un’operazione chirurgica per rimuovere un ascesso della gola.
Per lenire il dolore Enrico si gettò nello studio e completò gli studi liceali con un anno di anticipo. Nel 1918, su consiglio di Amidei si iscrive a fisica presso la Normale di Pisa, risultando primo all’esame di ammissione. Frequenta il laboratorio, dove impara le tecniche di spettroscopia, ma studia anche la fisica teorica. In particolare la teoria della relatività e la fisica quantistica, di cui nessuno dei suoi insegnanti si occupa ancora.
In una lettera a Persico, nel 1922, scrive di non vedere l’ora di terminare la tesi per dedicarsi alla meccanica quantistica.
Il 4 luglio dello stesso anno si laurea, e il 7 luglio si diploma alla Normale, in entrambi i casi con lode. Nello stesso anno incontra Mario Corbino, già Ministro della pubblica istruzione. Il fisico siciliano capisce il valore del giovane e fa in modo di fargli assegnare una borsa di studio per Göttingen, presso la scuola di Max Born. L’incontro tra due dei massimi fisici del XX secolo però non produce nulla di buono, forse per una reciproca incomprensione.
Tornato da Gottinga, Fermi scrisse il suo primo importante contributo alla meccanica quantistica intitolato Sulla probabilità degli stati quantici, che fu presentato da Corbino all’Accademia dei Lincei nel 1923.
Nel 1924 Fermi fu iniziato alla Massoneria nella Loggia “Adriano Lemmi” del Grande Oriente d’Italia.
Grazie all’interessamento del famoso matematico Vito Volterra, nel 1924, Fermi vinse una borsa di studio della fondazione Rockefeller presso l’istituto diretto da Paul Ehrenfest a Leida, essendo uno dei pochi in Italia che si occupava di meccanica quantistica.
Fra il 1924 e 1925 Fermi fu chiamato dal sindaco di Firenze e dal direttore dell’istituto di fisica Antonio Garbasso, ad occupare la cattedra di fisica matematica in città.Durante questo periodo iniziò una collaborazione con l’amico Franco Rasetti portando avanti ricerche sperimentali sugli spettri atomici per mezzo di campi a radiofrequenza.
Mentre è a Firenze prova il concorso a Cagliari per la cattedra di fisica matematica. Gli viene preferito Giovanni Giorgi, un fisico matematico di vecchia guardia.
Nel 1926 scrive un lavoro sulla distribuzione di particelle con spin semi-intero, che rispondono al principio di esclusione di Pauli. Queste particelle chiamate in seguito fermioni hanno la peculiarità di non potersi trovare nel medesimo stato quantico di un’altra.Allo stesso risultato, indipendentemente da Fermi, giunge Paul Dirac per cui oggi la distribuzione è nota come “statistica di Fermi-Dirac”.
Nel 1926 Mario Corbino riesce a far assegnare a Enrico la cattedra di fisica teorica presso l’Università di Roma, prima cattedra di fisica teorica assegnata in Italia. Fermi ha appena 25 anni.
Nel 1927, in occasione del centenario della morte di Alessandro Volta fu organizzato a Como un congresso internazionale con tutti i principali scienziati del mondo. Al congresso, Sommerfeld mostrò come una serie di fenomeni termici ed elettrici non interpretabili con le teorie classiche, trovassero immediata spiegazione grazie alla nuova statistica di Fermi-Dirac, accrescendo la fama di Fermi.
Fermi nel frattempo riesce a far venire a Roma Rasetti, e crea il gruppo di giovani di cui fanno parte Emilio Segré, Edoardo Amaldi, Ettore Majorana e, più tardi, Bruno Pontecorvo. L’intenzione dello scienziato è di creare un gruppo, capace di competere con i migliori al mondo nel campo della “nuova fisica”, la meccanica quantistica , che in quegli anni si va consolidando. Il gruppo è noto come “I ragazzi di via Panisperna”, dal nome della strada dove si trovava l’Istituto di Fisica, che diventa centro di avanguardia mondiale.
Tra il 1933 e il 1934 Enrico Fermi elabora la teoria del decadimento β e dell’interazione debole, una nuova forza fondamentale della natura che si aggiunge alle due già note: la gravità e l’elettromagnetismo. È il suo risultato teorico forse più importante.
In quegli stessi mesi Fermi comprende che il futuro della fisica è nello studio del nucleo e nel 1934 annuncia la scoperta della “radioattività artificiale mediante neutroni lenti”.
In pratica i ragazzi di via Panisperna, cui si è aggiunto il chimico Oscar D’Agostino, bombardando con neutroni rallentati da acqua o paraffina, i nuclei degli atomi. La tecnica ha una straordinaria capacità di indurre trasmutazioni nucleari.
Tra i tanti episodi di cui è costellata la storia della scienza, la scoperta della “radioattività artificiale mediante neutroni lenti” avvenne proprio la mattina del 20 ottobre 1934, quasi per caso.
Fermi si trovava da solo nel suo laboratorio mentre i suoi collaboratori ed allievi erano impegnati in lezioni e sessioni d’esame. Impaziente ed irrequieto com’era, decise di avviare subito le procedure previste per l’esperimento. Un istante prima di iniziare l’esperimento Fermi ebbe un’intuizione e sostituì il cuneo di piombo sino ad allora usato, con un pezzo di paraffina.
I risultati furono straordinari e, al momento, incomprensibili. Fu chiaro in seguito che il successo dell’esperimento si doveva proprio alla paraffina, sostanza ricca di idrogeno. I protoni, che “rallentavano” i neutroni incidenti amplificando la loro efficacia nel determinare la radioattività artificiale erano stati determinanti. L’esperimento fu ripetuto sostituendo la paraffina con acqua, anch’essa ricca di protoni, ottenendo gli stessi risultati clamorosi.
I neutroni venivano rallentati in una serie di urti elastici con i protoni della paraffina, aumentando così la loro efficacia nel provocare la radioattività artificiale. Fermi dimostrò come la probabilità di cattura dei neutroni e di produzione delle reazioni nucleari aumentasse con la diminuzione della velocità dei neutroni, cosa inaspettata per l’epoca, visto che si credeva il contrario.
Il blocco di paraffina utilizzato da Fermi per il suo esperimento, con la sigla “Regio Istituto di Fisica” RIF, è conservato nel museo del Dipartimento di Fisica dell’Università La Sapienza di Roma.
Perché ebbe l’ intuizione apparentemente bizzarra, di usare la paraffina, non è ancora oggi chiaro. Neppure Fermi stesso seppe trovare una risposta e la persona più sorpresa della modifica fu proprio lui. La scoperta dei neutroni lenti consolidò definitivamente la fama del gruppo di Fermi a livello mondiale.
Nei mesi successivi il gruppo bombarda con “neutroni lenti” i nuclei di una serie di elementi diversi, scoprendo nuove sostanze radioattive. Bombardando i nuclei di torio e di uranio il gruppo pensa di aver ottenuto una trasmutazione importante, la creazione di elementi trans-uranici, ovvero di elementi con un numero atomico superiore a quello dell’uranio. In realtà hanno ottenuto la fissione del nucleo e non se ne sono accorti.
Grazie al gruppo di via Panisperna, Roma diventa la capitale mondiale della fisica nucleare. Ma intanto il gruppo inizia a dissolversi. Majorana scompare, Rasetti va in America, Pontecorvo in Francia.
La situazione europea sta degenerando rapidamente con l’annessione dell’Austria da parte della Germania nazista. Nel 1938 il governo fascista vara le leggi razziali. A luglio dello stesso anno comincia la campagna antisemita in Italia con la pubblicazione del manifesto della razza.
La stessa moglie di Fermi, Laura Capon era ebrea e quindi soggetta alle persecuzioni razziali imposte dal regime insieme ai loro figli. Lo stesso Fermi pur accademico d’Italia era soggetto a controlli di ogni tipo. Nel libro Atomi in famiglia Laura ricorda che decisero allora di lasciare l’Italia. Fermi aveva inoltre cercato di farsi finanziare un progetto per la costruzione dell’acceleratore di particelle, necessario per continuare la ricerca di altissimo livello nella fisica nucleare, ma non aveva ottenuto nulla da Mussolini in persona.
Intanto giunge la notizia che gli è stato assegnato il premio Nobel.Fermi e famiglia decisero di approfittare della premiazione per il Nobel a Stoccolma per recarsi in America, dove si naturalizzeranno.
Fermi ricevette il premio Nobel per la fisica nel 1938 a soli 37 anni per “l’identificazione di nuovi elementi della radioattività e la scoperta delle reazioni nucleari mediante neutroni lenti“.
In America Fermi deve riaffermare la sua autorità scientifica ma non impiega molto. All’inizio del 1939, ricevuta notizia che Otto Hahn a Berlino ha ottenuto la fissione dell’atomo di uranio. Fermi dimostra che è possibile attivare una reazione nucleare a catena con una liberazione esplosiva di energia di molti ordini di grandezza superiore a quella di qualsiasi reazione chimica finora usata.
Siamo nel periodo che precede la seconda guerra mondiale. Fermi e altri fisici fuggiti dall’Europa pensano che le potenze democratiche debbano dotarsi dell’arma nucleare da usare come deterrente nel caso che la Germania nazista ne venga in possesso. In Germania infatti sono rimasti molti fisici in grado di raggiungere l’obiettivo.
Dovranno passare tre anni prima che negli Stati Uniti si avvii il “progetto Manhattan” per la costruzione della bomba. Il progetto si snoda in due fasi: la dimostrazione che la reazione nucleare a catena può essere innescata e poi la realizzazione della bomba.
La prima fase viene affidata alla direzione di Enrico Fermi, che il 2 dicembre 1942 a Chicago verifica il funzionamento della “pila atomica”, una reazione nucleare a catena controllata.Fermi fa parte anche nella seconda fase. Si reca a Los Alamos col gruppo scientifico dirigente che mette a punto la bomba. Nel 1945 il lavoro è portato a temine con l’esplosione di Alamogordo.
Fermi fa parte anche della commissione a quattro con Oppenheimer, Compton, Lawrence formata per dare un parere sull’ utilizzo della bomba atomica contro il Giappone. La commissione si dichiara incompetente ma si pronuncia per il sì, se si tratta di salvare un milione di vite di soldati americani.
Dopo Hiroshima e Nagasaki, Enrico Fermi ritorna alla vita normale. Insegna a Chicago ottenendo altri importanti risultati scientifici. Tra l’altro è lui a consigliare a un gruppo di fisici italiani di dedicarsi alla realizzazione di un calcolatore elettronico, comprendendone immediatamente l’importanza.
Enrico Fermi muore a Chicago nel 1954, a soli 53 anni, a causa di un tumore, probabilmente contratto durante la sue persistenti esposizione alle radiazioni.