Rubrica: “La Sardegna dei Comuni” – Senorbì
Ogni settimana raccontiamo la storia di un paese della Sardegna per far conoscere le sue particolarità, le sue bellezze geografiche e la sua comunità
di Antonio Tore
Senorbì, capoluogo della Trexenta, conta circa 5.000 abitanti ed è situato a sud-ovest della Sardegna. Confina con Suelli, Ortacesus, Selegas, San Basilio, Siurgus Donigala e Sant’Andrea Frius.
La Trexenta al cui centro sorge Senorbì è una vasta zona di pianura molto fertile che si estende tra i monti del Gerrei, la pianura del Medio Campidano e le colline della Marmilla.
Il nome Trexenta deriverebbe dai 30 o addirittura 300 villaggi che popolavano queste terre nei tempi antichi e che pare si siano persi nel tempo. Quelli che sono rimasti, tra i quali Senorbì, presentano tutti le tipiche caratteristiche del villaggio agricolo del sud della Sardegna.
Le terre della Trexenta beneficiano dell’acqua di due torrenti, il Rio Craddaxius e Santu Teru, ma, soprattutto possono contare sull’apporto idrico del lago del terzo salto del Flumendosa che si apre tra i monti del Gerrei e le sue acque attraversano una galleria di molti chilometri.
Gli studi geologici ci informano sul fatto che la Trexenta si formò nell’epoca terziaria. La Sardegna alla fine del Miocene fu scossa da numerose scosse e eruzioni vulcaniche che permisero la formazione dei suoi monti. Nel lungo periodo di calma che ne seguì , i sedimenti si depositarono e nacquero così le più belle pianure della Sardegna: il Campidano, la Nurra e appunto la Trexenta.
Nessuno è in grado di dare con assoluta certezza una definizione dell’origine del nome Senorbì.
Tradizionalmente il nome Senorbì verrebbe da “Sirboni” cinghiali che avrebbero popolato la zona senorbiese prima dell’insediamento dell’uomo. Un ‘altra teoria è proposta dall’archeologo Giovanni Spano, nel secolo scorso, che propose la derivazione del nome Senorbì dalla voce fenicia “Scen” o “scin” , che significava dente o cresta montuosa dentellata. Dalla stesa radice deriverebbero vari altri nomi in Sardegna: Seneghe, Senis, Senes, Sennariolo, Sennori, Sinnai, Sindia, Siniscola, Sinis e altri. Sul colle “a dente” sarebbe sorto un nuraghe.
Esistono ancora varie teorie, alcune anche affascinanti sull’origine del nome Senorbì, ma tra le tante la più verosimile è quella che fa derivare il nome dal latino “Sinus arvalis” da tradursi come “porto dei campi coltivati”. Si riferirebbe al ruolo ricoperto dal sito, in epoca romana, come centro di raccolta delle derrate alimentari dei villaggi della Trexenta, da inviare a Cagliari e poi a Roma. Vi sarebbe esistito, cioè, una specie di ammasso, volontario o coatto, del grano e dei cereali, organizzato dal governo. Il nome Sinus arvalis, secondo mutazioni fonetiche frequenti nel latino del basso impero, sarebbe diventato Sinus arbalis, poi Sinus arbilis, sino al Senorbì di oggi.
Nel 1935 un contadino, che arava il suo campo in località Turriga tra Senorbì e Selegas, trovò tra dei massi ad una profondità di un metro circa uno strano oggetto che gli fece pensare ad un piolo di pietra. Portò questo oggetto a casa ignaro ovviamente della scoperta che aveva fatto.
Col tempo fu abbandonato su un muretto del cortile della casa e fu scoperto dal Dottor Massimo Coraddu, senorbiese e medico condotto, che ne intuì subito il grande valore archeologico e lo fece analizzare con cura. Assicurò così alla cultura sarda e di tutta l’area mediterranea un pezzo di indubbio valore che oggi costituisce uno dei più pregevoli reperti del Museo Archeologico di Cagliari.
Il reperto ritrovato era infatti un idoletto preistorico rappresentante la divinità femminile delle genti prenuragiche e ormai noto come la Mater Mediterranea di Senorbì. Questa statuetta viene dalle isole Cicladi dove fiorì una grande civiltà con al centro l’isola di Creta e fa parte di quel gruppo di statuette marmoree note come “idoli delle isole” rinvenute in varie località del mediterraneo e che si fa risalire alla fine del terzo millennio o ai primi del secondo millennio avanti Cristo.
In tutta la Trexenta e quindi anche a Senorbì, sono stati numerosi i ritrovamenti di straordinari reperti archeologici che gli scavi di esperti hanno riportato alla luce. Tra i numerosi ritrovamenti merita una menzione particolare il bronzetto nuragico raffigurante un guerriero con un elmo provvisto di alte corna, ritrovato nel 1841 in località Bintergibas a sud-est di Senorbì. Questa statuetta fu denominata “Miles cornutus” proprio in virtù delle altissime corna presenti sull’elmo.
L’importante bronzetto nuragico viene custodito all’interno del Museo Archeologico di Cagliari e rappresenta quasi con certezza uno dei primissimi abitanti della zona. La statuetta forse era un ex voto lasciato come offerta in un luogo di culto di cui si è persa ogni traccia e ci autorizza a pensare alle tante guerre che le tribù combatterono tra loro. Ci autorizza anche a ricordare l’ultima grande guerra che la civiltà nuragica fu chiamata a combattere contro i nemici che venivano dal mare.
Nella Trexenta sono rimaste anche molte testimonianze della civiltà nuragica. Nel territorio di Senorbì troviamo tre importanti nuraghi: a Sisini, sul Monte Uda e sul colle di Simieri.
Esso resta in vista degli altri nuraghi della zona e sicuramente faceva parte dei sistemi di avvistamento e di difesa presenti anche sui monti incombenti di Siurgus e di San Basilio. Il nuraghe di Monte Uda, del quale restano solo pochi massi del basamento della torre, sorge sul cucuzzolo più alto del sistema montuoso che separa il territorio di Senorbì da quello di Barrali. Esso rappresentava un importante punto di vedetta che dominava tutta la Trexenta e un buon tratto del Campidano. Il nuraghe di Simieri sorge lungo la strada che da Senorbì porta ad Ortacesus.
Molto importanti risultano essere le testimonianze della presenza punica nella Trexenta rinvenute grazie agli scavi archeologici avvenuti a Monte Luna.
La più importante scoperta è rappresentata dalla necropoli. Essa è separata dall’acropoli da poche decine di metri. Recenti scavi hanno riportato alla luce circa 120 tombe, di varia tipologia. Durante gli scavi riaffiorarono numerosi gioielli tra cui collane bracciali ed anelli, in oro, argento ed altri materiali.
L’acropoli invece sorgeva in una collina in direzione di Rio Santu Treu, all’altezza di Funtana Noa, dove si possono notare i resti imponenti delle strutture murarie. Nell’area si possono notare resti di strutture edilizie, pavimenti in coccio pesto, frammenti di intonaci colorati, reperti ceramici che possono farci pensare a resti di importanti edifici pubblici.
Molti dei reperti ritrovati sono esposti nel Civico Museo Archeologico “Sa Domu Nosta” di Senorbì.