Rubrica: “La Sardegna dei Comuni” – Sarroch
Ogni settimana raccontiamo la storia di un paese della Sardegna per far conoscere le sue particolarità, le sue bellezze geografiche e la sua comunità
di Antonio Tore
Sarroch conta oltre 5.000 abitanti e fa parte della città metropolitana di Cagliari. Durante l’estate, per il popolarsi delle zone residenziali di Perd’e Sali e Portu Columbu, raggiunge le 7.000 presenze. Il paese confina con i comuni di Villa San Pietro, Pula, Capoterra e Assemini.
La storia di Sarroch è sicuramente remota, ed ancora oggi alcuni aspetti di essa restano misteriosi, come misteriosa appare l’origine del nome su cui si discute ancora oggi. Una tesi propende per Sharak (una parola fenicia che significa grappolo d’uva). L’ipotesi più accreditata è quella secondo la quale il nome prende origine dalla montagna che domina l’abitato, in lingua sarda la montagna può essere “Sa Rocca” ed appunto S’ Arroch che in lingua catalana antica significa La Roccia.
Il nome compare in vari documenti con diverse radici: SAROC come viene riportato in un registro pontificio del 1341 ed in una carta della Sardegna del 1577, o ancora SAROCH che troviamo in una cartina d’Europa del 1554. SARROCH, il nome del nostro paese e’ scritto per la prima volta secondo la forma da tutti noi conosciuta nel 1572, ma nella miriade di documentazione troviamo ancora SAN ROCO, SAN ROCHO, SAN ROCCO, SARROK.
Il territorio di Sarroch è abitato sin dall’età nuragica. Storicamente ha fatto parte del giudicato di Cagliari e subì l’invasione aragonese del 1324. Tra il XVI e il XVII secolo gli spagnoli eressero tre torri di avvistamento: la Torre di Antigori, la Torre del diavolo e la Torre della Zavorra.
Verso l’entroterra confina coi rilievi del basso Sulcis: sono aree ricoperte da fitta macchia mediterranea e rigogliose foreste. Spicca monte Nieddu, parte di una tra le più vaste aree verdi d’Europa, dalla riserva Wwf di monte Arcosu all’oasi di Gutturu Mannu, sino alle foreste di Pantaleo, Is Cannoneris e Pixinamanna. Dal Nieddu al monte Maxia, percorrerai sentieri di trekking in uno spettacolo della natura di duemila e 500 ettari tra querce secolari, lecci, pioppi, lentischi, oleandri, ginepri e lentischi, irrorati da torrenti, mentre l’aria è profumata da sughere e mirto.
In località Villa D’Orri, ai bordi della Statale 195, sono cresciuti due maestosi pini, classificati come alberi monumentali. La loro origine risale probabilmente alla metà dell’ottocento, residui di un giardino allestito dal marchese Don Stefano di Villahermosa. Il più grande ha una circonferenza di circa 3,5 metri e un’altezza di 15 m.
Villa d’Orri è stata l’unica dimora reale dell’Isola. Edificata a fine XVIII secolo, è stata residenza estiva dei Savoia (re Carlo Felice e regina) e conserva meravigliosi arredi e un bel parco. Durante la Festa di sant’Efisio (primo maggio), è sede d’accoglienza e pernottamento del simulacro del santo, nel percorso verso Nora.
Il territorio di Sarroch è ricchissimo di tombe dei giganti e nuraghi. Tra le prime si possono ricordare quella di Monte Arrubiu, Guardia Mussara, De su rei, mentre i nuraghi più noto sono quelli Domu e s’Orcu, Antigori, Monte Mereu, Canale Peppino, Portu Columbu:
Il sito di Antigori, dalla cui sommità si può vedere il complesso chimico della Saras, venne scavato nel 1982 da Maria Luisa Ferrarese Ceruti e nel 1994 da Roberta Relli. Gli scavi restituirono varie ceramiche nuragiche e micenee (provenienti dall’Argolide, da Creta e da Cipro del tipo Miceneo III B e Miceneo III C risalenti rispettivamente al XIV-XIII e al XIII-XII secolo a. C. a testimonianza degli importanti scambi che ebbero luogo fra la civiltà nuragica e quella micenea.
La segnalazione venne effettuata dai fratelli Giulio e Roberto Copparoni che nel 1981 consegnarono alla Dottoressa Ceruti alcune scatole di frammenti ceramici rinvenuti in loco nella terra sconvolta da scavi clandestini. I due fratelli si resero subito conto della particolarità di questi frammenti ceramici, perché alcuni dei quali presentavano una tecnica di lavorazione assai particolare, inoltre oltre ad alcune decorazioni policrome si potevano scorgere delle figure geometriche e delle stilizzazioni di possibili figure marine, tipiche della civiltà micenea. Venne anche consegnata una piccola ascia bipenne in piombo.
Data la presenza vicino al paese di uno dei complessi chimici più grandi d’Europa, il Comune di Sarroch ha cercato, nel tempo, l’equilibrio tra esigenze di posti di lavoro e ambiente.
Cosi, nel 2006, ha avviato il “Progetto Sarroch Ambiente e Salute“, consistente in un piano integrato di studi epidemiologici e di interventi di sanità pubblica promosso e diretto dall’Amministrazione del comune di Sarroch (Cagliari) e realizzato con il contributo di ricercatori delle Università di Firenze e Udine, dell’Azienda sanitaria e della Università di Cagliari.
Il progetto ha avuto il suo epilogo nel 2014, dopo aver seguito le diverse tappe: Un Rapporto sullo stato di salute degli abitanti; Linee guida sui disturbi respiratori nell’infanzia; Monitoraggio della qualità dell’aria; Uno studio trasversale sulla popolazione scolastica di Sarroch e Burcei; Uno studio biomolecolare sugli addotti al DNA.
Gli studi effettuati hanno evidenziato come nel corso degli anni la situazione sia cambiata, proprio perchè l’emergere di fenomeni di malattie e fenomeni patogeni durante il progetto, hanno permesso di richiedere al Ministero interventi nei confronti delle imprese che operano nelle vicinanze del paese. Ad esempio, l’anidride solforosa, uno dei principali inquinanti, dal 2009 non segna più alcun superamento dei valori e lo studio sulla salute ha accertato che sono scomparsi gli eccessi per i ricoveri per malattie respiratorie nei bambini e negli adulti ed il numero è al disotto della media regionale.
All’atto della presentazione dei dati finali del progetto, il Comune ha presentato la realizzazione di una banca biologica sotto il controllo della Fondazione Bioteca di Sarroch e l’attuazione di un programma di biomonitoraggio e sorveglianza della popolazione a sostanze come il benzene che possono giocare un ruolo nella maggior frequenza di malattie del sangue e del sistema linfoematopoietico.
La costituzione della bioteca ha fatto si che l’ipotesi di prelevare tessuti biologici dai residenti e di conservarli per future analisi derivava dalla necessità di interventi volti a ridurre il livello di inquinamento esistente. Gli studi di biomonitoraggio consentono di determinare la concentrazione di sostanze nocive e/o dei loro metaboliti e i meccanismi attraverso i quali essi esplicano la loro azione nell’organismo. La possibilità di eseguire misurazioni ripetute nel tempo permette di valutare dinamicamente come l’organismo risponde alle sostanze tossiche, la loro eventuale persistenza ed eliminazione, la reversibilità delle modificazioni biologiche precoci e, in alcuni casi, dei danni (ad esempio, nel caso di alterazioni al patrimonio genetico, grazie ai meccanismi spontanei di riparazione del DNA). Inoltre, dato il rapido sviluppo delle conoscenze e delle tecnologie nel settore, è pensabile che in futuro saranno possibili ulteriori analisi, oggi non disponibili o addirittura neppure ipotizzabili.