Rubrica: “La Sardegna dei Comuni” – San Gavino Monreale
Ogni settimana raccontiamo la storia di un paese della Sardegna per far conoscere le sue particolarità, le sue bellezze geografiche e la sua comunità
di Antonio Tore
San Gavino Monreale è un comune del Campidano e conta poco meno di 9.000 abitanti. Confina con Pabillonis, Sardara, Sanluri, Villacidro e Gonnosfanadiga.
L’origine del toponimo è dovuta, probabilmente, all’insediamento dei primi abitanti intorno al villaggio di Nurazzeddu che comprendeva una piccola chiesa dedicata appunto a San Gavino. La denominazione “Monreale” venne aggiunta in un secondo momento, più precisamente durante la dominazione spagnola ed è dovuta alla vicinanza del borgo al castello di Monreale. Detto castello (“il monte reale”) fu spesso residenza dei giudici d’Arborea e la posizione di una delle sue porte, chiamata “di San Gavino”, era perfettamente in asse con l’abitato della villa omonima. Di fatto bisognerà attendere un regio decreto del 1863, a seguito di una richiesta del Consiglio Comunale, per vedere ufficializzato giuridicamente il toponimo con l’integrazione del termine “Monreale”.
L’odierna conformazione del centro abitato avrebbe avuto origine, durante il Medioevo, dalla fusione di tre piccoli borghi, chiamati Nurazzeddu, Ruinas Mannas e Ruineddas. Pare che sul finire del secolo X o nell’XI le piccole popolazioni di questi due ultimi villaggi confluirono in quello di Nurazzeddu, spinti dalle incursioni degli arabi, di cui temevano i saccheggi e la ferocia. In questo modo si diede vita ad un centro più grosso e popolato che si stanziò intorno alla chiesetta in onore di San Gavino Martire, che si trovava nei paraggi: il nuovo centro d’incipiente sviluppo prese proprio il nome di San Gavino, mutuandolo dalla chiesetta.
Gli insediamenti in cui presumibilmente abitavano le genti nuragiche erano sparsi per tutto il territorio e molti di questi sono entrati di diritto nella toponomastica del paese: Nuraxi Scocca, Nuraxi Ortillionis, Perdas Ffittas e PerdasLlongas, Nuratzeddu, Ruinas Mannas e Ruineddas,Perd’e Ruxi, Cuccur’eCcasu eCcor’e Molas.
Il territorio di San Gavino Monreale è ricco di testimonianze storiche e archeologiche: sono state portate alla luce una necropoli romana, con ben diciannove tombe risalenti al periodo paleocristiano; il peristilio di una villa rustica di età imperiale e il ponte romano del IV-V secolo d. C., lungo il rio Pardu e diverse tombe di età imperiale.
La stessa scelta della chiesa di San Gavino Martire localizzata nel paese per realizzare un pantheon degli Arborea, con le effigi dei loro esponenti più illustri, farebbe pensare che nella vita del giudicato la villa ricoprisse un’importanza considerevole, secondaria soltanto rispetto a Oristano, unico centro urbano di dimensioni superiori a San Gavino.
Il “Dizionario Storico” del Casalis ha tramandato l’immagine di un villaggio ad economia quasi esclusivamente contadina e pastorale. Proprio lo zafferano, che a San Gavino Monreale vanta una tradizione millenaria, rappresenta la coltivazione più importante e la più nota.
Il cosiddetto “oro rosso”, prodotto di pregio tra i più caratteristici della tipica tradizione mediterranea, ricopre un ruolo cardine nel contesto economico ed ampliamente socio-culturale del paese. San Gavino Monreale in effetti può fregiarsi del titolo di “capitale dello zafferano”, in quanto la gestione prevalentemente femminile e di natura familiare di queste colture di altissima qualità è riuscita, con grande impegno e devozione, ad ottenere l’eccezionale primato di produrre ben il 60% della quantità totale di zafferano italiano.
Il suo collegamento con Cagliari e, in particolare, con il suo porto favorirono l’inserimento di San Gavino nel grande settore dell’industria mineraria che interessava le aree di Guspini e Arbus e il bacino minerario di Montevecchio.
L’inaugurazione della Fonderia avvenne nel 1932, generando sviluppo, benessere e avendo un notevole impatto sulla sua vita socio-economica. Negli anni Sessanta questa forte presenza industriale è stata rafforzata con la creazione dell’area industriale di Villacidro.
Al giorno d’oggi il processo d’industrializzazione su cui si è retta l’economia cittadina per molti decenni sembra aver esaurito il suo ciclo, anche a causa della chiusura di numerose fabbriche del villacidrese
Per la tradizionale vocazione alla coltivazione dello zafferano, di cui il paese è il maggiore produttore nazionale, a San Gavino Monreale nel mese di novembre si svolge la Sagra dello Zafferano, la più importante a livello regionale dedicata a questo prodotto.
La domenica e il martedì prima del Mercoledì delle Ceneri si svolge da decenni il carnevale sangavinese con la sfilata dei carri allegorici. Grazie all’abilità con la cartapesta degli artisti locali i carri di San Gavino sono ritenuti tra i più belli della Sardegna e l’uso di realizzarne con caratteristiche simili si sta diffondendo in molti comuni, più o meno limitrofi.
La chiesa di San Gavino Martire, da cui ha preso il nome la cittadina, attualmente è giunta modificata rispetto al suo originale impianto strutturale gotico, che risale probabilmente al XIV secolo.
La chiesa era stata costruita su un piccolo colle di terra alluvionale (Nurazzeddu, situato nella periferia del paese), essendo parrocchia del villaggio di San Gavino fino al 1580 e cappella cimiteriale fino al 1921. L’edificio oggi si trova all’interno del convento del Sacro Cuore.
La costruzione della Chiesa avvenne per volere dei giudici di Arborea a partire dal 1347, come riporta un’iscrizione in sardo medievale trovata all’interno della chiesa. In una parete del presbiterio si trova il concio che reca incisa la data 1347, mentre di fronte si trova dipinta la data 1388, iscrizione tracciata su un sottile strato di intonaco: questo può essere considerato il periodo di edificazione della chiesa.
Le volte a crociera dell’abside sono rette da quattro mensole scolpite con figure antropomorfe, i cui particolari contribuiscono a conferire loro dignità regale e che rappresentano i sovrani della casata arborense: i giudici Mariano IV e Ugone III de Bas-Serra, Eleonora d’Arborea (figlia di Mariano IV) ed il marito Brancaleone Doria. Sembra che sotto il pavimento, rifatto anni fa, si possano trovare le tombe dei 4 sovrani della casa di Arborea.