Rubrica: “La Sardegna dei Comuni” – Ottana
Ogni settimana raccontiamo la storia di un paese della Sardegna per far conoscere le sue particolarità, le sue bellezze geografiche e la sua comunità
di Antonio Tore
Ottana (Otzàna in lingua sarda) è un comune di circa 2000 abitanti e sorge al centro della Sardegna, poco distante da Nuoro, sulla sponda sinistra del fiume Tirso, il maggior corso d’acqua dell’isola.
Il territorio del Comune, situato non lontano dalle pendici delle colline della Barbagia di Ollolai, è caratterizzato dalla varietà della vegetazione del paesaggio fluviale. Nell’habitat naturale creato dal Tirso sono tuttora presenti lepri e anatre selvatiche, testuggini d’acqua dolce e galline prataiole. Il fiume Tirso formare, a qualche chilometro più a valle, il lago Omodeo.
Nel territorio scorrono anche altri corsi d’acqua a regime torrentizio quali: il ”Rio Liscoi”, il ”Rio Binzas”, il ”Rio Merdaris”.
La storia di Ottana ha, sicuramente, origini molto lontane, ciò è testimoniato dal fatto che nel suo territorio sono presenti significative tracce di monumenti che vanno dal Neolitico recente, continuano nell’Età del Rame, del Bronzo e del Ferro, fino all’Età Medievale. Pertanto si trovano necropoli con domus de janas, muraglie, dolmen, menhir, tombe di giganti, strutture megalitiche, nuraghi a corridoio, villaggi e insediamenti presso nuraghi a corridoio, nuraghi a tholos, pozzi sacri, insediamenti romani-medievali, edifici romani (terme).
Le origini di Ottana risalgono al periodo della nascita della civiltà Protosarda e Nuragica, come testimoniano i numerosi resti dell’epoca presenti nel territorio del Comune.
L’area archeologica di Bidinnannari è il sito principale, composto da nuraghe ‘misto’ – a uno a corridoio sono state aggiunte due torri -, un insediamento abitativo esteso 400 metri quadri ed edifici funerari: un piccolo dolmen, quattro tombe di Giganti (di cui una ben conservata) e una tomba ad allée couverte. Interessanti anche il complesso di Talinos, con nuraghe monotorre a tholos, e capanne circolari. Rimangono anche i ruderi delle strutture termali di Banzos, di epoca romana, quando Ottana era centro molto popoloso e di controllo strategico-militare per contrastare i barbari.
La zona subì, come il resto della Sardegna, una serie di invasioni che ne hanno caratterizzato la storia. In particolare hanno lasciato forti tracce la civiltà Punica, i cui riti probabilmente si ritrovano ancora nel Carnevale, e il periodo della dominazione romana, quando Ottana era divenuto un centro di una certa rilevanza dal punto di vista economico ma soprattutto strategico-militare, per la sua posizione privilegiata nel controllo delle sollevazioni barbariche.
Nel periodo Giudicale il paese fu abbandonato a causa della malaria: in quell’occasione i suoi abitanti, rifugiatisi in parte sulla montagna vicina, fondarono il piccolo centro di Bolotana.
Il Comune di Ottana, i cui abitanti si sono dedicati fin dall’antichità all’agricoltura e alla pastorizia, negli anni Settanta venne scelta come sito preferenziale per l’insediamento di un certo numero di grosse realtà industriali; il progetto non ebbe gli esiti previsti inizialmente, quindi al momento attuale vi è un ritorno alle attività agricole, alla pastorizia e all’artigianato.
Ma la cultura, le tradizioni, le usanze ed i costumi che si continuano a tramandare dalle origini della storia, hanno resistito al tempo ed alle ciminiere e continuano a vivere e a ben sperare in un futuro dove sarà sempre al primo posto la propria identità culturale e con essa l’orgoglio di essere ottanese.
Nonostante i periodi di estremo disagio che hanno influito negativamente dal punto di vista economico e dal punto di vista sociale, ad Ottana sono stati sempre presenti e sono radicati alcuni aspetti culturali significativi legati alle tradizioni che ancora permangono e che, anzi, in questi ultimi anni si sono rafforzati, grazie anche all’impegno dei giovani che, attraverso la costituzione di gruppi ed associazioni culturali, ripropongono alcune manifestazioni laiche e religiose molto significative che hanno origini antiche molto lontane nel tempo.
In ordine si ricorda ”Su Carrasegare” (il carnevale) con le tipiche maschere ottanesi de ”Sos Merdules” rappresentati da una maschera lignea calzata da bambini e adulti, uomini e donne vestiti con abiti di velluto, coperti di pelli di pecora. ”Su Merdule” è il protagonista e rappresenta l’uomo che cattura, doma e governa l’animale;
”Sos Boes”, anche essa maschera lignea con corna bovine calzata sempre da uomini e/o donne, bambini ed adulti; sulle spalle bronzi e campanacci trattenuti da una cintola di cuoio. Legati e guidati da ”Sas soccas” e dal bastone de ”Su merdule”;
”Sos Porcos” e ”Sos Molentes” maschere lignee meno numerose de ”Sos Boes”, anche questi giudati da ”Sos Merdules”. ”Sos Cherbos” e ”Sos Caprolos” maschere lignee che rappresentano animali non sempre controllati dall’uomo, spesso si muovono ai margini dei gruppi;
”Sa filonzana” maschera lignea che rappresenta l’uomo. A volte ha la faccia dipinta con la fuliggine e usa denti di patata. Veste abiti femminili, filatrice con pennecchio di lana, fuso e forbici, come una Parca taglia il filo della vita e predice il futuro a seconda della qualità e della quantità del vino offertole. Si muove in autonomia.
Queste maschere, che il termine ”Merdules” le raggruppa tutte, percorrono le vie del paese con movenze cadenzate in sintonia con il frastuono dei campanacci, accompagnate dal rumore de ”Su orriu”, uno strumento musicale primitivo che spaventa uomini e bestie.
”Sas Mascheras Serias”, in genere, più numerose de ”Sos Merdules”, invadono le strade, con varietà di vestiti e di colori, alcune vestite con il costume tradizionale fatto di stoffe pregiate, ricchi di colori e di ricami.
Completa la festa ”Su ballu tzoppu”, ballo tradizionale tondo, al ritmo de ”S’affuente”, strumento musicale antichissimo costituito da una sorta di grande piatto di rame con dei bassorilievi che viene suonato con una grossa chiave antica di ferro, dalle abili mani dei suonatori della tradizione di Ottana.
Chiudono i festeggiamenti ”Sas Amoradas”, versi improvvisati e cantati che si usano per chiedere in sposa una ragazza, rappresentando simbolicamente, modi e termini propri del mondo agropastorale.