Rubrica: “La Sardegna dei Comuni” – Decimomannu
Ogni settimana raccontiamo la storia di un paese della Sardegna per far conoscere le sue particolarità, le sue bellezze geografiche e la sua comunità
di Antonio Tore
Decimomannu è un comune sardo di oltre 8.000 abitanti e confina a nord con il comune di Villasor, a nord-est con San Sperate, a ovest con Villaspeciosa e Decimoputzu e a sud con Assemini e Uta. .
Per la sua posizione ha sempre avuto una rilevante funzione itineraria: in epoca romana la famosa via che da Caralis conduceva a Sulcis, si biforcava a Mansum (oggi Elmas); un ramo proseguiva per Sextum (Sestu), Biora e Valenza (distrutte); l’altro ramo passava per Decimum proseguendo per Valeria, florida cittadina, e da lì per Sulcis (l’odierna Sant’Antioco).
Il toponimo Decimomannu ha origini romane, come attesta il suo nome che significa “a dieci miglia da Cagliari ” (Decimo ab urbe Karali miliario). Nel corso dei secoli, pur rimanendo simile, è stato modificato più volte. Su carte e documenti di epoche diverse, si ritrovano i nomi: Decimo, Decimo Mayore, Decimo Manu, Decimopoco, Decimo susu, Decimo Mayor, Decimum Magnum.
I primi stanziamenti umani nel territorio di Decimomannu si fanno risalire al periodo neolitico-calcolitico. Tra Decimo e Assemini si sono trovate testimonianze di un villaggio nuragico.
Nel 1879 fu riportata alla luce, durante i lavori della stazione, una necropoli nella quale, in molte tombe, furono rinvenute monete puniche in bronzo di conio globulare.
Secondo il Casula nei pressi di Decimo si svolse la battaglia campale del 215 a C. nell’ambito della seconda guerra punica, che coinvolse i romani, guidati da Tito Manlio Torquato e i sardo-punici comandati da Ampsicora. Lo scontro si risolse con una schiacciante vittoria romana.
La più rilevante testimonianza del periodo romano è costituita da due ponti, la cui presenza conferma che Decimo, grazie alla sua posizione, aveva una grande importanza nel campo della comunicazione sin dal periodo della dominazione romana.
I resti di un ponte si trovano sul ì Rio Mannu, non lontano dalla statale 130. Dai ruderi e anche dalla larghezza del fiume nel punto in cui sorge la struttura, si desume che il ponte nelle sue origini fosse costituito da tredici arcate.
La misura complessiva di quanto ancora rimane è di m. 36,40. Secondo il Can. Spano, ai suoi tempi il ponte romano di Decimo era assai più bello di quello di Porto Torres che, insieme a quelli di Sant’Antioco e di Gavoi erano gli unici ancora in piedi in Sardegna. Anche il Fara ricorda il ponte romano di Decimo, “pons maximus terdecim fornicibus connexus” (un grande ponte, formato da tredici arcate).
Altra opera, notevole del periodo romano, era l’acquedotto che da Villamassargia portava l’acqua a Cagliari. Anche di questa opera non sono quasi rimaste tracce.
Le strutture venute alla luce durante i recenti scavi presso il ponte romano, testimoniano per la prima volta in Sa rdegna l’esistenza, in epoca romana, di strutture pubbliche destinate all’approvvigionamento idrico dei viaggiatori che, con vari mezzi, attraversavano le strade dell’isola
Al periodo spagnolo risale il sarcofago di Violante Carroz, figlia di Giacomo, ora custodito nel cimitero del paese portato a Decimomannu dalla famiglia Cao-Pinna, dopo la traslazione dalla Chiesa di San Francesco di Stampace a Cagliari.
Si ha notizia certa dell’esistenza a Decimo di una chiesa dedicata a Santa Greca nel 1500, edificata su una più antica, che aveva annesso un monastero di monache.
E’ una lapide funeraria, ritrovata nel 1614 nei ruderi di una antica chiesetta a Decimomannu, a indicare che Santa Greca sarebbe vissuta tra il III e IV secolo d. C. e sarebbe morta all’età di 20 anni, 2 mesi e 19 giorni. Si aveva notizie di questa Santa, grazie ad antiche carte notarili attestanti la presenza di possedimenti intitolati al suo nome.
La tradizione poneva il martirio di Santa Greca durante la persecuzione degli imperatori romani Diocleziano e Massimiano, iniziata nel 304. In quella repressione la ferocia romana si manifestò ovunque terribile, sia in occidente che in oriente dell’impero. Colpì anche la Sardegna e diversi cristiani pagarono con la vita la fedeltà alla fede cristiana.
La tradizione afferma che una ulteriore tortura inflitta a santa Greca fu quella di conficcarle sul capo, a colpi di martello, tre grossi chiodi. Ma anche in questa tribolazione la ragazza resistette ferma nella fede e nel coraggio, finché il 12 gennaio del 304 venne uccisa mediante la decapitazione. Visse 20 anni, 2 mesi e 19 giorni.
In quattro peducci delle lunette della cupola della chiesa della Santa, viene narrato il martirio di Santa Greca.
Durante la festa in onore di Santa Greca si svolgono cerimonie religiose e laiche a cui partecipano migliaia di fedeli