Le piante arroganti
Diventa sempre più diffusa l’abitudine di occupare il suolo pubblico con vasi e piante che, sotto il falso pretesto di abbellire la città, guadagnano spazi pubblici ai privati che le mettono a sentinella delle loro case e negozi, ai danni di chi quelle vie le deve attraversare.
di Annalisa Pirastu
Vogliamo parlare della passione tutta italiane e, nel nostro caso, sarda di appropriarsi di suolo pubblico per uso privato. In psicologia esistono degli studi che spiegano che ognuno di noi cerca di ritagliarsi più spazi possibili, persino all’interno della casa che condivide. Si lasciano oggetti in giro, ci si accaparra posti nei divani o a capotavola si reclamano stanze e cosi via. Vince il più forte, in una gerarchia che appartiene in modi diversi a ciascuna famiglia, che ha la potestà di decidere.
Nel caso però di beni pubblici dovrebbe essere l’amministrazione a vigilare e impedire il dilagare di piccoli abusi (parleremo anche dei grandi, non preoccupatevi).
Il problema, poi, non è nemmeno l’abuso in sé. Quello che è sbagliato è il messaggio che tali abusi, che spuntano indisturbati e che si moltiplicano come funghi per emulazione, lasciano nei cittadini. E’ l’idea che ci siano regole che nessuno si preoccupa di far rispettare. Il degrado nasce dallo sforamento di piccole regole che, a valanga, diventano enormi perché nessuno le argina sul nascere, e che i perpetratori confondono con diritti acquisiti semplicemente dall’uso.
Cominciamo con i vasi di fiori e piante disseminati in città con lo scopo di alienare a sé degli spazi pubblici. Succede nelle viuzze di Villanova ma anche in via Roma per fare due esempi e succede in periferia nelle villette e case, dove oltre il muro della propria casa si piantano siepi, cactus, fiori, per reclamare ancora qualche pezzetto di terreno rendendolo non fruibile agli altri.
A Villanova, con il pretesto dell’abbellimento, si restringono le vie, si proteggono i propri portoni ai danni di chi, quelle strade già così striminzite, le deve attraversare. In via Roma si mettono fuori dai negozi come sentinelle, lunghi eleganti vasi con piante che tra tavolini e fioriere, costringono a camminare in fila indiana, ottenendo lo scopo di evitare il passaggio vicino all’ingresso del negozio.
L’edicolante espone le sue riviste fuori dall’ edicola su tavolini che straripano sulla via, creando una strozzatura di cui nessuno si cura. Tralasciamo i vari ambulanti che stazionano sui lati del portico di via Roma che, in un gioco delle tre carte, vengono tollerati dopo finti allontanamenti.
Centimetro dopo centimetro, come in una battaglia di gomiti tra gli spettatori al cinema, si conquistano infinitesimi spazi sino al limite del possibile.
Poi la gimcana dei passanti, dopo i primi stupori e rimostranze che cadono nel vuoto, diventa la norma per i comuni cittadini che non capiscono dove comincino i loro diritti e dove cominci l’abuso, perché l’amministrazione “tollera”.
Le piante arroganti sono come i cani dei padroni maleducati: non hanno colpe, ma si possono rispettare e amare anche chiedendo che vengano spostate dal suolo pubblico.
Il titolo: un ossimoro che sintetizza perfettamente il contenuto e le problematiche affrontate nell’ articolo