Il Nuraghe bianco di Cagliari
di Roberta Manca
Recentemente grazie agli ultimi avvenimenti fra cui la bella manifestazione Giornate nuragiche a Cagliari tenutasi al parco di Monte Claro dal 1 al 3 di ottobre dello scorso anno, organizzata dall’Associazione Amici di Sardegna e gli articoli pubblicati in questi giorni in relazione alla presenza di un nuraghe sulla sommità di Monte Urpinu, desidero precisare che non ci si deve meravigliare che Cagliari sia stata abitata dai nuragici.
Partendo dal nome stesso della città si trovano degli inequivocabili segni. Infatti il nome Car o Kar deriverebbe proprio dalla cultura nuragica per indicare una località con delle rocce o insieme di rocce di colore giallastro.
Secondo Massimo Pittau, illustre linguista, glottologo e accademico italiano, che basa buona parte delle sue ricerche sugli studi di Max Leopold Wagner, eccellente etnologo, linguista e filologo tedesco, considerato il maggior studioso della linguistica sarda, il toponimo Karalis/Caralis è protosardo poiché trova riscontro in toponimi di Cara’le di Austis e Carala’i di Sorradile. Secondo questo autore il toponimo andrebbe confrontato con gli antichi toponimi di Karalis o Ka’llari delle Panfilia e Karalléia della regione della Pistidia (aree dell’Asia Minore). Sulla origine del toponimo Cagliari secondo il Prof. Pittau sono possibili due spiegazioni.
Con la prima possiamo dire che il toponimo Karalis/Caralis è una parola descrittiva di verosimile origine protosarda, sia per la fonetica che per l’uso in aree molto isolate il Sarcidano (Isili) e il Sarrabus (Villaputzu) dove sono presenti le espressioni caraìli (macigno, roccia, rupe). Zone in cui non vi è stata una vera e propria colonizzazione, prima fenicia e punica, dopo romana. Karalis significherebbe quindi la rocca/ roccaforte sui cui insiste il suo attuale rione di Castello. Casteddu per i sardi.
Nella seconda ipotesi il toponimo Karalis/Caralis potrebbe collegarsi a un altro appellativo sardiano cacarallai, criallei, crielle, chirielle, ghirièlle (crisantemo selvatico e macerone) e con un altro appellativo protosardo garuleu, galureu, galileu, (polline dei fiori, polline depositato nel miele) che è di colore giallo oro.
Quest’ultima interpretazione confermerebbe la ragion per la quale fra l’800 e il ‘900 viaggiatori e scrittori descrivessero la città come gialla, colore conferito dalla roccia calcarea di cui la città e ricca. Karalis /Caralis è dunque rocca o rocca gialla parola in cui roccia e giallo non si escludono…anzi!
A questo si aggiunga anche il fatto che certamente alcuni migliaia di anni prima altre civiltà e culture hanno vissuto a Cagliari in era Neolitica Eneolitica e Nuragica. Del resto la presenza della cultura di Monte Claro e degli insediamenti neolitici di Sant’Elia, Marina Piccola, Tuvumannu, Baracca Manna, Terramaini e Cuccuru Ibba (sito in area lagunare di Assemini, ma storicamente ascrivibile a Capoterra) ne sono prova. Queste popolazioni vennero attratte dalla particolare conformazione del golfo di Cagliari con i suoi molteplici approdi che consentivano l’attracco ai natanti con ogni tipo di vento, dalle sue aree umide, dalle sue saline, dalla presenza di alture e colli che garantivano il controllo dei territori di riferimento.
Nel corso delle “Giornate nuragiche” si è fornita la prova, qualora che ne fosse bisogno, che Cagliari è sorta ben prima dell’arrivo dei Fenici come hanno più volte ribadito gli studiosi intervenuti fra cui gli archeologi, Francesca Piu, Nicola Dessi’ e Gian Marco Farci. Forse non si sarà trattato di una città vera e propria come la intendiamo noi, con strade, fognature e condotte idriche, ma di un insieme di costruzioni che funzionalmente davano coerenza e logica allo stanziamento umano le cui strutture erano posizionate in luoghi ben precisi. Vuoi sulla sommità delle colline, in prossimità di approdi o presso dei particolari luoghi legati a funzioni religiose o per finalità amministrative o sociali.
Oggi, però c’è una novità infatti, nonostante si dica nella letteratura degli studi che ci fosse traccia della presenza di nuraghi a Cagliari, fra cui anche un “Misterioso Nuraghe bianco” a Monte Urpinu e nonostante le segnalazioni di vari appassionati e studiosi, fra cui Francesca Cossu, attuale presidente di Nurnet, solo alcune settimane degli Archeologi: Prof. Giovanni Ugas e Nicola Dessì, e degli gli studiosi e appassionati, nelle persone di : Roberto Copparoni, presidente dell’Associazione Amici di Sardegna, Fabrizio Meloni e Corrado Mascia, titolari della pagina social “I Custodi della Memoria” , si sono dati appuntamento sulla sommità del colle per visitare il sito in oggetto e verificare di persona lo stato del luogo.
A seguito di quanto rilevato, risulta la presenza di un fortilizio militare, batteria antiaerea chimata C 198, edificato negli anni ’30 che è stato costruito sopra una precedente costruzione, caratterizzata alla base dalla presenza di grossi blocchi di calcare allineati in vari circoli ancora visibili. Da quanto rilevato, anche a seguito del ritrovamento di alcuni frammenti ceramici di probabile epoca neolitica, il Prof. Ugas ha detto che si è certamente era in presenza di un nuraghe polilobato con antemurale di grandi dimensioni.
Certo che paragonare questo sito a Barumini non è stata, a mio avviso, una idea felice, ma ciononostante, l’importanza della scoperta non viene meno.
Purtroppo come spesso accade la segnalazione ha portato delle critiche sia da parte dei feniciomani, che dagli studiosi di torri e forti costiere, medievalisti e non, che con argomentazioni differenti anziché apprezzare la scoperta hanno polemizzato, minimizzando al sua effettiva portata.
Ora la palla passa agli addetti ai lavori e alle amministrazioni pubbliche nella speranza che più che fare articoli e libri sul Nuraghe bianco si realizzino quanto prima degli scavi scientifici che possano aiutarci nel capire meglio la storia della nostra bellissima città e di questo misterioso popolo da cui, nonostante tutto, proveniamo e forse, per la verità, anche con pochi meriti.