Giornate Europee del Patrimonio e Agenda 2030 a Tuvixeddu
Riflessioni a margine di un bellissimo evento tenutosi a Cagliari il 24 e 25 settembre in una vasta area di Cagliari sconosciuta a molti cittadini
di Roberta Manca
Il 24 e il 25 settembre si sono svolte le Giornate Europee del Patrimonio che a Cagliari si sono arricchite anche di una ulteriore presenza. Infatti l’evento realizzato a Tuvixeddu, organizzato dalla Associazione Amici di Sardegna e dalla Pro Loco di Cagliari, è stato inserito nell’ambito degli eventi che la Regione Autonoma della Sardegna ha realizzato per il Festival dello sviluppo sostenibile “Strategia regionale Sviluppo sostenibile Agenda 2030”, promosso da ASVIS. In queste giornate alcune centinaia di persone hanno avuto modo di visitare le necropoli punica più estesa del Mediterraneo accompagnati da qualificate Guide turistiche che hanno narrato gli aspetti e le vicende più significativi che questo colle ha vissuto dal passato ai giorni nostri.
Dalla formazione geologica del calcare, roccia miocenica, si è passati al suo utilizzo nei secoli. Dalla originaria conformazione del colle ci si è soffermati al danneggiamento di superficie e sotterraneo causato dalla Italcementi e osservati i danni causati dalla passata e recente speculazione edilizia.
Il cuore della narrazione è stato chiaramente storico e archeologico dove è stata svolta una interessante contestualizzazione della civiltà fenicia e punica e sui rapporti avuti con la civiltà nuragica. Partendo proprio dal nome dato alla città di Cagliari che per alcuni sarebbe legato proprio ai fenici dove Kar significherebbe luogo o città di Dio, per altri alla espressione Krly, mentre per altri studiosi l’origine del nome di Cagliari sarebbe protosarda e legata alla parola Caraìli (Masso, Macigno. Roccia, Rupe). Del resto sembra difficile che i fenici allorquando approdarono nelle rive della laguna di Santa Gilla, fra il X e IX secolo a.C., non avessero incontrato i nuragici. Con chi avrebbero commercializzato i loro prodotti? Il Prof. Massimo Pittau a sostegno di questa ultima tesi sostiene che ancora oggi in aree molto isolate come a Isili nel Sarcidano e Villaputzu nel Sarrabus, sono ancora presenti queste espressioni che anche per la fonetica appaiono decisamente protosarde.
Nel corso delle visite programmate della durata di circa una ora le Guide sono riuscite a trasmettere interesse e partecipazione nei partecipanti grazie anche alla veste esperenziale data alle visite. Infatti ogni tanto le Guide si soffermavano a mostrare una maschera apotropaica avente le scopo di accompagnare il defunto nel viaggio ultraterreno e di proteggerlo in questo lungo tragitto, o mostrare un murice per spiegare la produzione della porpora, o prendere dal terreno qualche frammento di roccia calcarea e mostrare le conchiglie presenti per far volare la fantasia dei presenti nelle ere geologiche più remote, quando il mare ricopriva tutta la collina di Tuvixeddu e l’attuale roccia rappresentava un fondale marino. Con questi semplici gesti i partecipanti manifestavano interesse e curiosità anche grazie alla possibilità di toccare e avere in mano queste testimonianze di materia.
Anche la flora e la fauna del posto sono state evidenziate ricordando quanto e come i nostri antenati trassero ispirazione, sostentamento e utilità dalle stesse. Dal serpente colubro forse riportato anche nel frontone della Grotta della Vipera all’olio ottenuto dalle drupe di Pistacia Lentiscus (Lentischio), s’ollu e stincu, come veniva chiamato dai nostri avi.), alla Diplotaxis tenuifolia (Rucola selvatica) o all’ Artemisia (Assenzio), fino all’uso delle piante e erbe officinali che ancora sono presenti sul colle.
Da quanto emerso nel corso delle visite, grazie alle testimonianze raccolte dai partecipanti, sarebbe auspicabile che questa necropoli vivesse non sono per le Giornate Europee del Patrimonio o per Monumenti aperti ma che soprattutto venisse valorizzata per 365 giorni all’anno attraverso alcuni semplici accorgimenti come:
- Realizzare dei cartelli segnaletici stradali da posizionare in varie parti della città e in particolare a Sant’Avendrace che indichino in modo semplice e chiaro come e dove raggiungere il sito. Infatti nelle strade cittadine, in tutta la città, non vi è un solo cartello segnaletico di Tuvixeddu.
- Realizzare un accesso alla Necropoli da Via Is Maglias con un adeguato parcheggio (che consentirebbe anche ai Pullman da 50 posti di raggiungere il sito). Del resto l’Ingresso da via Falzarego, almeno per i Pullman è impensabile, visto lo stretto asse viario di transito che spesso si intasa solo con le auto.
- Utilizzare il centro servizi come spazio polivalente nel quale allestire una biglietteria, una sala esposizioni, un punto vendita di gadget, souvenir e prodotti tipici, un punto di ristoro. Ricordo che questa bellissima e funzionale struttura (mai inaugurata) è stata data in uso ai giardinieri e che viene spesso devastata dai vandali che la stanno distruggendo. Perché non la si affida in concessione ai privati, ad alcune delle tante Organizzazioni del III settore che hanno competenza e capacità e titolo per detenerla?
- Allestire dei pannelli illustrativi nell’area della necropoli con testi (in diverse lingue) e immagini a colori che illustrino e suggestionino i visitatori sulla importanza del sito.
- Esporre un corredo funerario se non dentro una vera tomba, almeno attraverso una ricostruzione in sezione della stessa. Peraltro fra le tante tombe puniche presenti ve ne sono alcune scoperchiate dalle esplosioni di mine di cava che ben si presterebbero allo scopo, magari dopo averle allestite e predisposto un punto luce, chiudendole con una lastra di plexiglass a vista.
- Trasferire la gestione dell’area dal Verde pubblico del Comune di Cagliari a una società di servizi o un ente del III settore che sappia valorizzare questo importantissimo sito. Infatti il Parco di Tuvixeddu non è come un qualsivoglia parco cittadino, perché Tuvixeddu è soprattutto un bene storico, archeologico unico al mondo nel suo genere che, a pieno titolo, potrebbe essere inserito fra i Monumenti UNESCO. Non basta dunque scavare, recintare una area archeologica, occorre far fruire e riuscire a comunicare per trasmettere i contenuti e le valenze del sito ai visitatori.
- Migliorare i rapporti con gli enti preposti per affrancare questo sito dall’indifferenza e trascuratezza in cui versa tutta l’area. Pensiamo ad esempio ai senza tetto che vivono ancora in strutture abbandonate a lato della necropoli, alle tombe del SID e dell’Ureo che per la loro importanza meriterebbero di essere fruite con un semplice sistema di telecamere, come forse era stato in origine previsto per la tomba del Sid, facilmente individuabile dalla sovrastante presenza di una struttura metallica di protezione.
- Bonificare le aree circostanti, infatti a lato dell’ingesso vivono dei senzatetto e il piazzale della ex cementeria è pieno di rifiuti di ogni genere, rimuovere il palo dell’ENEL posto proprio all’ingresso della necropoli sulla destra per chi entra, che è una offesa al sito. Infatti è stato posizionato con una colata di cemento proprio dentro il pozzo di una tomba punica. Occorre inoltre rendere fruibile non solo il Canyon che da via Falzarego porta a via Is Maglias ma anche il sentiero che porta sulla sommità del colle fino alla Villa Mulas-Mameli, oggi un rudere che pare essere stato scientemente abbandonato per non precisati motivi.
Certo tutto questo non è facile da realizzare ma oggi abbiamo il diritto e dovere di intervenire, prima che il degrado e l’indifferenza abbiano il sopravvento.
Del resto il miglioramento della qualità della vita, anche urbana, è uno dei principi cardine su cui si sviluppa l’Agenda 2030. Non vi pare?