Economia: La Sardegna recupera solo il 92,7% rispetto al periodo pre-crisi. Soffre  Artigiananto con quasi 8mila imprese in meno.

Dall’indagine si evince che il settore artigiano è quello che nell’isola ha sofferto maggiormente la congiuntura sfavorevole con la perdita di 7.660 imprese rispetto al 2008, anno in cui è iniziata la crisi economica.

di Annalisa Pirastu

A quasi dieci anni dall’inizio della crisi,  la Sardegna al contrario di tante altre regioni italiane, non riesce a ritornare ai livelli pre-crisi.Mentre l’economia nazionale sembra aver quasi raggiunto nuovamente i livelli del 2008 (98%, grazie soprattutto ad una risalita dell’occupazione e del commercio estero), quella sarda appare ancora molto indietro.

Di fatto otto regioni hanno già raggiunto i livelli pre-crisi (Trentino Alto Adige, Lazio, Veneto,Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Friuli e Basilicata) mentre solo sei  si trovano in una situazione peggiore della Sardegna: Liguria, Umbria, Calabria, Sicilia e Valle d’Aosta, con la nostra regione che nel complesso, ha fatto peggio anche di Abruzzo, Molise e Campania. I fattori di criticità che impediscono all’economia sarda di  recuperare il reddito perduto durante la crisi sono emersi da un approfondito report della Cna Sardegna che esamina i dati relativi al Prodotto Interno Lordo, all’occupazione, al numero delle imprese registrate dalle Camere di Commercio isolane e agli scambi con l’estero.

“Uno degli elementi più critici della difficile congiuntura  economica dell’isola è sicuramente rappresentato dalla situazione di  estrema difficoltà vissuta dall’artigianato”, spiegano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna. Nell’isola il sistema artigiano regionale era infatti cresciuto con continuità fino al 2008, quando in Sardegna erano censite ben 43 mila imprese artigiane contro le circa 35 mila di oggi: il 28,5% del totale (quota non distante da quella delle regioni storiche dei distretti industriali, come Marche, Toscana o Emilia Romagna). In quegli anni l’artigianato era stato uno dei motori dell’economia della Regione facendo della Sardegna una delle economie italiane a più forte vocazione artigiana.

Durante la crisi scoppiata nel 2008 l’artigianato sardo è stato colpito da un vero e proprio dramma economico, tanto che alla fine del 2017 si sono contate (rispetto al 2008) circa 7.660 imprese in meno, per uno stock attuale pari ad  appena l’82% di quello pre-crisi. L’ultimo dato ufficiale relativo al Pil sardo si ferma al 2016 quando il reddito complessivo prodotto da imprese ed individui si era attestato a 31,4 miliardi di euro (ai valori 2010): il 90,6% del PIL del 2008 (34,7 miliardi di euro). Questo dato – si legge nello studio della Cna Sardegna – colloca l’economia sarda ben al di sotto della media nazionale, arrivata nel 2016 al 94,2% del livellopre-crisi), ma comunque al di sopra di altre sei regioni: Umbria,  fanalino di coda con appena l’85% del livello del 2008, Molise,
Sicilia e Calabria, ma anche Liguria (87,9%) e Valle d’Aosta (89%).

Il 2017 si è chiuso con una sostanziale stabilità  del numero di imprese nell’isola: 142.951, ovvero il 94,7% dello stock censito nel 2008 (circa 8 mila imprese in meno). Si tratta di una indicazione tutto sommato meno negativa, ma che posiziona la Sardegna ancora al di sotto del dato nazionale (96,8%). Vanno peggio le cose in termini di occupati. Nel 2017 i posti  di lavoro registrati nell’Isola sono stati circa 562mila, contro i  quasi 602mila del 2008 (40 mila in meno): il 93,4% del livello pre-crisi, da confrontarsi con il dato nazionale del 98,6%.

Se poi si guarda all’interscambio con l’estero, cioè la somma di importazioni ed esportazioni, la situazione del 2017, seppur in ripresa, si mostra ancora al di sotto dei livelli pre-crisi: 94,8%, un dato da inserire in un contesto nazionale che, da questo punto di vista, ha già ampiamente recuperato la  situazione del 2008 (103,4%). Combinando queste indicazioni e considerando che l’ultima stima della CNA propende per una crescita dell’economia regionale per il 2017 intorno allo 0,6% (da confrontarsi con il +1,5% nazionale), l’indagine ha individuato un indice generale che misuri lo stato di salute dell’economia nel 2017 rispetto ai livelli pre-crisi. Quello che emerge è che, mentre l’economia nazionale sembra aver quasi raggiunto i livelli del 2008 (98%, grazie soprattutto ad occupazione e commercio  estero), quella sarda appare ancora molto indietro.

“La perdurante e straordinaria difficoltà nella quale si trova il  sistema socio-economico della Sardegna – dichiarano i vertici Cna –ha cause profonde e di lungo periodo. Pesano il deficit di qualità itituzionale che è la condizione per garantire efficacia alle politiche pubbliche nella fase di programmazione regolare e gestione dei processi di sviluppo”. La sostanziale paralisi e il blocco della spesa pubblica, che essendo pari nell’Isola al 28,71 % del Pil prodotto – la percentuale più elevata tra le regioni italiane – gioca un ruolo preminente nella capacità di incidere e dare efficacia alle politiche di sviluppo.

“L’impostazione corretta e giusta di utilizzare, unificandole, le  risorse di diversa provenienza per evitare la pratica, assai diffusa in passato, di spendere in via prioritaria le sole risorse regionali rispetto a quelle comunitarie, vincolate da procedure più rigide e macchinose, ha prodotto in assenza di un organico processo di efficentamento della macchina pubblica un vero e proprio blocco di tutte le risorse ormai unificate, vedi  incentivi alle imprese, (su 490 milioni di euro dal 2013 è stato speso appena il 3%), il fondo regionale infrastrutture, (si spende 1/3 dei 150 milioni disponibili su  base annua) e l’insieme delle dotazioni sui fondi strutturali,  programmazione territoriale etc.,  su cui si è speso poco e niente”.

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