Rubrica: “La Sardegna dei Comuni” – Domusdemaria
Ogni settimana raccontiamo la storia di un paese della Sardegna per far conoscere le sue particolarità, le sue bellezze geografiche e la sua comunità
di Antonio Tore
Il centro abitato di Domus de Maria ha avuto origine nella prima metà del 1700 a seguito dell’insediamento dei Padri Scolopi.
Posto a 66 metri sul livello del mare, conta attualmente circa 1700 abitanti e confina con i Comuni di Pula, Teulada e Santadi. Il territorio si estende tra il mare montagne. Queste ultime, nella zona denominata Is Cannoneris, offrono un suggestivo panorama in quanto il territorio è costituito prevalentemente da Leccio, Corbezzolo e Erica Arborea e può capitare di incontrare qualche magnifico esemplare di Cervo sardo e daino.
Dall’alto promontorio di punta Sebera (mt. 979) lo sguardo spazia sul territorio del basso Sulcis sino a Teulada (Isola Rossa) e dall’altro lato sino al Golfo degli Angeli a Cagliari. Is Cannoneris è impreziosito anche da testimonianze di civiltà preistoriche, tra cui la necropoli di Montessu e il pozzo sacro di Val Tattino, così come tutto il territorio di Domus, come testimonia il nuraghe Baccu Idda. Anche l’archeologia industriale è protagonista con varie miniere dismesse.
Secondo quanto riferito da Vittorio Angius, è probabile che la denominazione del Comune, che significa «Case di Maria» – evidentemente Maria Vergine – sia stata data dai frati Scolopi, i quali vi avevano stabilito un podere, che era difeso contro i pirati da «gente di servizio ben armata (…). Accaddero fatti maravigliosi di virtù che meriterebbero fama, e gli abitanti di Domus de Maria furono ben protetti».
Il litorale è caratterizzato da ampie spiagge costituite da una fine sabbia ambrata, alternate a suggestive calette incastonate nella roccia granitica, davanti alle quali si estende un mare limpido e cristallino i cui colori, che vanno dal turchese al cobalto. A fare da cornice alle spiagge, dune coperte da ginepri secolari e diverse lagune popolate da fenicotteri rosa, aironi e cavalieri d’Italia.
Nel territorio sorgeva l’antica città di Bithia, nata sui resti di antichi insediamenti presumibilmente attribuibili ad epoca nuragica e prenuragica. Il suo declino ebbe inizio nel corso del VII secolo d.C., dopo essere stato strategico scalo marittimo in epoca fenicia. La città, inizialmente punico cartaginese e, in seguito, romana, venne abbandonata in quanto troppo esposta alle scorribande dei pirati.
Bithia si estendeva lungo il meraviglioso promontorio nel quale ai giorni d’oggi sorge la Torre di Chia: una visita attenta potrà consentire la riscoperta dei resti della cinta muraria e di alcune abitazioni, per quanto molto di quel che Bithia ha da offrire sia ancora nascosto sotto terra. Fra i ritrovamenti degni di nota la statua in arenaria del Dio Bes in forma bovina, individuata là dove un tempo sorgeva la necropoli e un tempio, oggi conservata al Museo Archeologico di Cagliari.
Oggi sono visibili i resti di un tempio punico sull’isolotto di su Cardolinu, dove i reperti rinvenuti fanno ipotizzare nell’area la presenza di un tophet. Ulteriori resti di abitazioni e di un secondo tempio, detto di Bes, si troverebbero nell’area a ridosso della spiaggia Sa Colonia.
Punto panoramico incredibilmente affascinante è quello della Torre di Chia, nata per desiderio del Viceré De Moncada nel 1578. Aveva il principale compito di difendere la foce del Rio di Chia, un tempo eccellente punto di approvvigionamento idrico per i pirati. Detta anche Torre dei santi de quaranta de Quia, probabilmente per la vicinanza di una chiesetta altomedievale intitolata ai quaranta martiri di Sebaste (Armenia), la Torre di Chia era sempre armata, fornita di cannoni del calibro di 6 e 8 libre e abitata da una guarnigione di 5 persone, a cui si sommavano altri due soldati impegnati nelle postazioni di vedetta mobili. Alta 13 metri e con un diametro di 10 metri la torre è oggi raggiungibile a piedi e offre a chi la raggiunge, data la sua posizione di vedetta, un panorama mozzafiato.
Per approfondire lo stile di vita e le attività di tutti i giorni proprie della gente che abitò Bithia, si consiglia una visita alla Casa Museo in Piazza Vittorio Emanuele. All’interno della struttura sono esposti ritrovamenti archeologici di epoca non solo fenicia ma anche punica e romana recuperati sul territorio. All’interno della Casa Museo si potrà inoltre visitare la ricostruzione di una tomba fenicio punica dotata di corredo funerario.
Chia è una frazione di Domus de Maria, il cui toponimo deriva dalla locuzione figu chia «varietà di fico», la quale a sua volta deriva da una locuzione lat. ficus Chia «fico di Chio», isola dell’Egeo.
Il villaggio compare come Quia fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 538, 1014, 1431, 1539, 1803, 2138, 2385) ed è citato numerose volte nella Chorographia Sardiniae di G. F. Fara (anni 1580-1589) ma come distrutto. Cfr. Arria Chia cristiana (ILSard 100, Cagliari) (Rowland 122), cognome mediev. Kias (CSNT 59, 185).
La costa della frazione di Chia è lunga sette chilometri: un angolo di paradiso. Dalla torre di Chia, si può accedere a una lunga distesa sabbiosa intervallata da piccoli promontori e lambita dal mare verde smeraldo. Verso ovest si attraversano le spiagge di sa Tuerra, Porto Campana, de su Sali sino a su Giudeu, la più bella, spesso scelta come scenario di spot televisivi.
Alla spalle c’è lo stagno di Spartivento, habitat di numerose specie rare. Di fronte alla spiaggia, appare un isolotto raggiungibile grazie al basso fondale. All’estremità occidentale, in un’insenatura riparata, c’è Cala Cipolla. Da qui si può raggiungere il faro di capo Spartivento, dalla cui vetta si domina la costa sulcitana.
Per la ricorrenza di Pentecoste si svolge la tradizionale festa in onore dello Spirito Santo, suggestiva manifestazione religiosa che prevede una processione a piedi durante la quale il simulacro della SS. Trinità viene accompagnato da Domus de Maria alla chiesetta dello Spirito Santo di Chia.
La processione che accompagna il simulacro è formata da numerosi gruppi folkloristici a piedi e a cavallo, dalle traccas (carri addobbati a festa e trainati da buoi) e dai fedeli che seguono intonando preghiere in lingua sarda, accompagnate dalle immancabili launeddas. I festeggiamenti civili e religiosi durano 4 giorni, il terzo giorno il simulacro della SS. Trinità viene accompagnato in processione nel percorso inverso da Chia a Domus de Maria.
Eventi che consentono di scoprire qualcosa in più sulla cultura ed il folklore locali sono la sagra dei fichi in giugno, e quella dei pesci, che si festeggia in luglio. Non meno affascinante la sagra di S’Arroseri, intitolata alla Madonna del Rosario, la patrona del paese, che si svolge ogni la prima domenica di ottobre