Rubrica: ”Una strada, un personaggio, una Storia” – viale Armando Diaz

Ogni settimana parleremo di una strada raccontando la storia del personaggio a cui è dedicata. Si potranno scoprire così le persone, molte volte sconosciute, legate alla storia della Sardegna o Italiana tramite la loro biografia

di Annalisa Pirastu

Via Armando Diaz è una delle arterie di Cagliari che si snoda dal quartiere Amsicora e si innesta nella via Roma.

Armando Diaz, di lontane origini spagnole, figlio dell’ufficiale di Marina Lodovico e di Irene dei baroni Cecconi, nasce a Napoli il 5 Dicembre 1861. Fu iscritto giovanissimo come allievo dell’Accademia Militare d’Artiglieria di Torino, dove in seguito divenne ufficiale. Fu promosso capitano nel 1890. Nel 1894 frequentò la Scuola di guerra classificandosi primo. Nel 1895 sposò Sarah De Rosa-Mirabelli. Dal 95 al 96 lavorò allo Stato Maggiore e nel 1899 viene promosso maggiore. Nel 1905 passò alla Divisione di Firenze come Capo di Stato Maggiore.

Nel 1915 alla dichiarazione di intervento dell’Italia nella I guerra mondiale, Cadorna lo nominò  Maggior Generale, con incarico al Corpo di Stato Maggiore come addetto al comando supremo del reparto operazioni. Promosso tenente generale di divisione, gli fu affidato il comando della 49ª Divisione, e nel 1917 assunse la carica superiore al XXIII Corpo D’Armata. Questo periodo prima di Caporetto gli valse la medaglia d’argento al valor militare per una ferita riportata alla spalla.

La sera dell’8 novembre 1917 fu chiamato, con Regio Decreto a sostituire Cadorna nella carica di capo di Stato Maggiore dell’esercito. Sulla condizione dell’esercito si espresse così: «L’arma che sono chiamato a impugnare è spuntata: la rifaremo». Recuperato quello che rimaneva dell’esercito italiano dopo la disfatta di Caporetto, organizzò la resistenza sul fiume Piave e sul Monte Grappa da dove si ricollegava al fronte, sull’altopiano di Asiago e nel Trentino meridionale. L’esercito poté così aver accesso a un fronte di combattimento più corto di circa 170 chilometri, dove concentrare le armate facilitando così la difesa.

Gli uomini schierati sul monte Grappa poterono inoltre approfittare delle grandi opere d’ausilio che in previsione di una disfatta simile a Caporetto, erano state fatte erigere da Cadorna, all’indomani della Strafexpedition. Una strada camionabile dalla pianura alla vetta, una strada campestre, due teleferiche e un impianto di sollevamento dell’acqua, tutto all’interno dell’arteria chiamata strada Cadorna. In preparazione della guerra Diaz potè schierare solo 33 divisioni pronte al combattimento, cioè metà di quelle disponibili prima di Caporetto.

Per rimpinguare i ranghi arruolò i diciottenni del 1899, e per il febbraio 1918 furono ricostruite altre 25 divisioni. Entro dicembre 1917 sei divisioni francesi e cinque britanniche, con artiglieria e unità di supporto, affluirono in Italia e servirono da riserva strategica, permettendo all’ Esercito di concentrare le truppe in prima linea. Quando arriva a capo dell’esercito, Diaz ha 11 anni meno di Cadorna e un’esperienza diretta della guerra di trincea del Carso, che Cadorna non aveva. Diaz veva quindi un’idea più realistica e moderna delle strategie belliche e inoltre delegò molte funzioni ai sottoposti, mantenendo un ruolo di controllo, affiancato dai generali Giardino e Badoglio.

Il nuovo Comando supremo dell’esercito italiano sotto Diaz fu meglio organizzato dando fiducia ai collaboratori ed ai sottoposti. Fu favorita la cooperazione e lo spirito di squadra, attribuendo ad ognuno responsabilità concrete e definite. Fu potenziato il servizio informativo dell’esercito che divenne un elemento decisivo nella pianificazione delle operazioni. L’Ufficio Operazioni, assicurò poi il controllo effettivo di quanto accadeva al fronte, grazie anche a una rete di ufficiali di collegamento. Diaz si occupò personalmente dei rapporti, cercando sempre di mantenerli buoni, con il re ed il governo riconoscendo la necessità di una collaborazione fra le forze politiche e l’esercito. Come Cadorna, non accettava però nessuna ingerenza esterna nel comando.

Diaz e Badoglio cercarono, con discreti risultati, di migliorare l’addestramento della fanteria italiana e di svilupparne l’armamento, distribuendo ai singoli reparti mitragliatrici Fiat Revell, pistole mitragliatrici, Villar Perosa, mortai Stokes, lanciafiamme cannoncini da 37 mm e bombe a mano. Sotto Diaz furono sperimentati i primi moschetti automatici. Furono distribuite 3 milioni delle migliori maschere antigas  inglesi, fu avviata la progettazione dei primi carri armati Fiat 3000 e fu potenziata l’aviazione e l’artiglieria, migliorando l’addestramento e le tecniche d’impiego delle milizie. Si riorganizzò e si potenziò inoltre il corpo degli Arditi.

Diaz aveva come priorità il miglioramento del trattamento dei soldati per il morale dei reparti. La giustizia militare rimase severa ma furono abbandonate le pratiche più rigide. Vi furono miglioramenti nel vitto e nell’allestimento delle postazioni, furono introdotti turni più brevi in prima linea, fu migliorata la paga e le licenze furono aumentate per frequenza e durata. Fu poi disposto che i feriti e i malati dimessi dagli ospedali militari, rientrassero ai reparti d’origine, anziché essere destinati dove capitava, aumentando così l’affiatamento tra i soldati. Alle unità che scendevano dal fronte furono assicurati un riposo effettivo, alloggi confortevoli e possibilità di svago con lo sviluppo di centri ricreativi chiamati “case del soldato”, spacci cooperativi, organizzazione di spettacoli, manifestazioni sportive e case chiuse.

Fra le risorse messe in campo per reagire alla disfatta e riarmare lo spirito di resistenza dei soldati, si fece ricorso a un certo numero di intellettuali e artisti scelti fra i soldati competenti in quelle aree. Furono creati giornali di trincea  per curare il morale, intrattenere le armate impegnate nella difesa del Piave e i soldati nelle retrovie. Proprio nel periodo tra Caporetto e Vittorio Veneto, l’utilizzo di disegnatori, illustratori e pittori si fece più che mai importante. Crearono vignette per i giornali delle armate, manifesti propagandistici, cartoline per rendere più efficace e comunicativo l’immaginario della guerra e delle vicende al fronte. Queste truppe scelte intellettuali trovarono voce nel servizio P cioè Propaganda, diretto ad attuare una campagna di promozione dello spirito patriottico, utilizzando psicologia e pedagogia ma soprattutto con l’uso della retorica.

Il servizio P migliorò la censura, soprattutto per quanto riguardava i giornali. Si resero le notizie più semplici e di carattere ideologizzante.Veniva elogiata la guerra dell’Italia, le notizie avevano un carattere educativo e politico, dirette in particolare al soldato, che in questo modo manteneva un contatto col paese. Si otteneva una propaganda senza l’utilizzo di rime o manifesti altisonanti. Fondamentale era la collaborazione nella stesura dei giornali dei soldati stessi, dove il fante aveva l’opportunità di immedesimarsi nelle vignette divertenti, fatte da uomini che conosceva, che celebravano il suo reparto e rappresentavano la vita in trincea con umorismo.

Nell’autunno del 1918 Diaz guidò alla vittoria le truppe italiane, iniziando l’offensiva il 24 ottobre, con lo scontro tra 58 divisioni, italiane, britanniche, francesi, cecoslovacca, statunitensi, contro 73 austriache. Il piano non prevedeva attacchi frontali, ma un colpo concentrato su un unico punto : Vittorio Veneto, per spezzare il fronte nemico. Iniziando una manovra diversiva, Diaz attirò tutti i rinforzi austriaci lungo il Piave che il nemico credeva essere il punto dell’attacco principale, costringendo le truppe nemiche all’inazione per la piena del fiume. Nella notte tra il 28 e 29 ottobre, Diaz passò all’attacco, con teste di ponte isolate che avanzavano lungo il centro del fronte, facendo allargare le ali per coprire l’avanzata. Il fronte dell’esercito austro-ungarico si spezzò, innescando una reazione a catena ingovernabile.

Il 30 ottobre l’esercito italiano arrivò a Vittorio Veneto, mentre altre armate passarono il Piave e avanzarono, arrivando a Trento il 3 novembre. Il 4 novembre 1918 l’Austra Ungheria capitolò, e per la storica occasione, Diaz stilò il famoso Bollettino della Vittoria  in cui comunicava la rotta dell’esercito nemico ed il successo italiano. Il coinvolgimento e il rispetto per i soldati mostrato da Diaz aveva sortito gli effetti desiderai

Al termine della guerra Diaz con Regio Decreto motu proprio del 24 dicembre 1921 e Regie Lettere Patenti dell’11 febbraio 1923, venne insignito del titolo di Duca della Vittoria. Nel 1918 fu nominato sentore. Nel1921 fu il primo italiano ad essere onorato da una ticker tape parade dalla città di New York, in occasione del suo viaggio negli USA. Durante lo stesso viaggio, Diaz si recò a Kansas city per prendere parte alla cerimonia d’inaugurazione del Memoriale della Libertà il monumento nazionale statunitense in ricordo della Grande Guerra, che era stato eretto in quella città.

Andando contro il parere di Pietro Badoglio, Diaz sconsigliò, nel 1922, una soluzione militare della crisi innescata dalla marcia su Roma. Dopo essere entrato nel primo Governo Mussolini, su precisa condizione del re Vittorio Emanuele III che intendeva in questo modo porre nel governo una figura di prestigio e lealmente monarchica, assunse l’incarico di Ministro della Guerra, varando la riforma delle Forze Armate e accettando la costituzione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale,  sottoposta al potere personale di Mussolini. Terminata l’esperienza governativa il 30 aprile del 1924, Diaz si ritirò a vita privata. Nello stesso anno, venne insignito insieme al generale Cadorna del grado di Maresciallo d’Italia, istituito espressamente da Mussolini per onorare i comandanti dell’esercito nella prima guerra mondiale.

Armando Diaz morì nel 1928 e fu inizialmente sepolto a Roma nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. La sua salma è stata in seguito traslata nel cimitero del comune di Torricella in Sabina.

 

 

 

 

 

 

 

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