Primo festival dei culurgionis IGP d’Ogliastra

CNA E CONFARTIGIANATO: pasta fresca volano per l’economia sarda. Ora lavoriamo insieme per tutelare anche gli altri  prodotti regionali.

di Antonio Tore

In occasione del I° Festival dei Culurgionis d’Ogliastra IGP, che si terrà a Lanusei sabato e domenica prossimi, 30 settembre e 1° ottobre, le più importanti Confederazioni del comparto artigiano in Sardegna, CNA e Confartigianato, ribadiscono la propria soddisfazione per il risultato raggiunto e si complimentano con il Comitato Promotore per l’eccellente lavoro fatto. La denominazione attribuita lo scorso anno consentirà di ottenere ricadute dirette e indirette in termini di maggior impiego di materia prima – per lo più locale e regionale – ma anche di prodotti utilizzati direttamente o indirettamente per la lavorazione e la vendita. Essendo inoltre, un prodotto la cui chiusura avviene rigorosamente a mano, saranno importanti i risultati in termini di forza lavoro, in particolare di quella femminile. Le imprese coinvolte non saranno infatti solo quelle aderenti al Comitato Promotore, ma potranno utilizzare il logo IGP anche i ristoranti, le aziende agrituristiche, il comparto turistico e quello primario.

Qualunque impresa che si adegui al disciplinare e si renda soggetta ai controlli dell’ente certificatore, all’interno dell’areale di produzione, può apporre il logo della Igp al proprio prodotto – spiega il segretario regionale di Confartigianato Imprese Sardegna, Stefano Mameli -. Questo marchio non è di titolarità di un soggetto o di un altro. E’ un patrimonio che resta a disposizione di un territorio. Dove nessuno è padrone di nulla, ma tutti coloro che hanno le carte in regola, lo possono utilizzare”.

La Igp non potrà che generare un’ampia ricaduta nel territorio e da molti punti di vista – aggiunge Francesco Porcu, segretario regionale della CNA Sardegna. I Culurgionis saranno infatti quell’elemento che passando per la tavola di italiani e stranieri porterà il nome dell’Ogliastra ovunque, generando ampie ricadute anche in termini di visibilità del territorio”.

Il valore alla produzione Dop e Igp del comparto Food e Wine in Italia nel 2016 è pari a 13,4 miliardi di euro, con una crescita del 4% su base annua, e un peso del 10% sul fatturato totale dell’industria agroalimentare nazionale. La dinamica è ancora più evidente nei mercati esteri: le esportazioni sono infatti pari a 7,1 miliardi di euro e segnano una crescita di oltre l’8% su base annua e il 21% sul totale dell’export italiano. Ci sono prodotti come la Finocchiona che dopo aver ottenuto la Igp nel 2015 hanno registrato un aumento della produzione del 38% in un anno. Stesso felice destino per la Coppa Piacentina e la Pancetta Piacentina Dop che negli ultimi 10 anni – nonostante la fase economica recessiva generale – hanno registrato un aumento di produzione del 170%. O il Salame Piacentino Dop, che nello stesso periodo ha avuto un incremento a tre cifre percentuali.

Questi esempi dimostrano quanto possa essere importante per un prodotto, acquisire una denominazione – spiegano i rappresentanti delle due associazioni artigiane -: sfruttando l’attuale trend di mercato che vede oggi il consumatore particolarmente attento al prodotto di qualità – sottolineano Porcu e Mameli – dovremmo riiniziare a parlare subito della tutela delle altre nostre specialità regionali”.

La Sardegna vanta specialità uniche al mondo, come le panade, il carasau, gli andarinos, le lorighittas, le seadas, su filindeu e moltissime altre ancora. Eppure la nostra regione è la Cenerentola d’Italia per numero di denominazioni. Ne abbiamo solo 8 nel food, tra dop e igp, mentre sono 42 quelle dell’Emilia Romagna, 36 del Veneto, 33 della Lombardia, solo per fare degli esempi. “Non possiamo pensare che queste regioni abbiano davvero un patrimonio gastronomico superiore al nostro – aggiungono i rappresentanti di CNA e Confartigianato -. Sono però certamente molto più capaci di valorizzarlo. Dovremmo dunque seguire il loro esempio e lavorare alacremente su questo fronte con il coinvolgimento di tutti: soggetti pubblici e privati, comparto del primario e della trasformazione. Dobbiamo riprendere il discorso delle filiere locali, della tutela, della promozione – concludono Porcu e Mameli -. Il rischio infatti è anche che certe specialità ci vengano scippate da territori più dinamici su questo fronte o da grossi gruppi industriali, estranei alla nostra economia”.

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