Cinque giorni di impegni, festa e celebrazioni a Selargius in occasione della 57° edizione dell’Antico Sposalizio selargino.

Dal 5 al 10 settembre la cittadina alle porte di Cagliari celebra uno degli eventi folkloristico-culturali più importanti della Sardegna.

di Antonio Tore

 

“Sa Coja Antiga Cerexina”, è la riproduzione dell’antico matrimonio in stile campidanese così come veniva celebrato nel XVIII e XIX secolo.

Non si tratta di una festa riservata alla sola giornata della celebrazione dello sposalizio. Tutto ha inizio oggi venerdì con “Sa cantada a is piccioccas” (La cantata alle ragazze), quando gli uomini e le donne del Gruppo Folk Kellarious, che insieme alla Pro Loco curano l’evento, si recano in alcune case campidanesi messe a disposizione dal Comune o da semplici cittadini. Qui le donne si affacciano alle finestre e gli uomini intonano canti di corteggiamento.

Il sabato, alla vigilia del matrimonio, si svolge “Su trasferimentu de is arrobas”: preceduti dal corteo in abiti tradizionali e dai suonatori di launeddas, carri trainati da buoi, portano il corredo della sposa nella casa dove vivrà con il suo sposo.

Il grande giorno arriva domenica, con la solenne promessa d’amore. Selargius si veste a festa: nei balconi vengono esposti ricchi arazzi e fiori e nelle strade si distribuiscono dolci.  Nel frattempo, inizia la vestizione dei due promessi. Lo sposo indossa un elegantissimo abito con il bianco e il nero come colori predominanti. La sposa, invece, indossa un abito variopinto e molto addobbato:  sono gli antichi abiti nuziali selargini.

Subito dopo, gli sposi ricevono la benedizione da parte dei genitori che cospargono i loro capi con del sale e del grano, come augurio di prosperità, e frantumano il piatto contenente il frumento.

Quindi i neo sposi si incontrano nel sagrato della chiesa parrocchiale Maria Vergine Assunta, dove ognuno arriva accompagnato da un corteo formato da parenti e amici preceduti dai suonatori di launeddas.  La solenne cerimonia matrimoniale si svolge interamente in lingua sardo-campidanese. Dopo lo scambio degli anelli, le loro mani vengono unite con “sa cadena“, la catena nuziale simbolo del vincolo perpetuo instaurato dal sacramento. All’uscita dalla chiesa, i presenti fanno volare due colombe.

Poi gli sposi raggiungono la chiesetta romanica di San Giuliano, dove mettono nero su bianco la loro “promessa d’amore”, lasciando anche una pergamena, che viene lasciata in custodia ai Confratelli del Rosario, i quali la consegneranno ai figli della coppia 25 anni dopo.

La festa prosegue poi con l’arrivo nella loro nuova dimora, accolti dalle rispettive madri che qui li hanno attesi per impartire l’ultima benedizione prima dell’inizio della vita coniugale nel nuovo nido d’amore. Qui viene benedetta l’acqua e la folla festante grida ai neo-coniugi “Potzàis bivi medas annus cun saludi e trigu” (Possiate vivere tanti in buona salute e abbondanza).

Infine, la festa più “profana”: il banchetto nuziale con gli invitati e balli fino a notte tardi.

 Quest’anno i futuri sposi in catene saranno Silvia Melis, impiegata cagliaritana di 39 anni e Pier Paolo Randaccio, selargino 41enne operaio alla Saras.

“Siamo pronti, e l’emozione è davvero forte. Sempre di più”, dicono i promessi sposi.

Silvia e Pier Paolo si sono conosciuti nel mondo del volontariato. E’ stato un colpo di fulmine per lui, ma lei ha deciso di farlo aspettare per un mese prima di concedergli un’uscita. La loro storia ha avuto una svolta quando, a tavola, senza serenata, è arrivata la richiesta di matrimonio.

Sabato, invece, si svolgerà il rito anche per una coppia straniera, arrivata dalla Bulgaria.

Anche il nuovo sindaco, Gigi Concu, non nasconde la propria emozione: “È la prima edizione che vivo da sindaco, quindi per certi versi è un esordio anche per me. Tanti sostengono che si tratti di un’iniziativa sempre uguale, invece non è cosi. Le tappe dell’inizio si ripetono, ma è la gente che fa la differenza”, osserva.

 

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