Cgil: preoccupazione per il piano industriale della Bper

L’imminente definizione del nuovo piano industriale Bper suscita preoccupazione nei sindacati dopo la razionalizzazione degli ultimi tre anni, che ha portato alla chiusura di 130 filiali del gruppo Bper.

di Antonio Tore

 

Da quando è entrato nell’orbita di controllo della Bper, il Banco di Sardegna ha chiuso 93 sportelli su un totale di 429, ed ha  prepensionato  250 lavoratori sui 2700 presenti al momento del passaggio azionario.

Proprio in questi giorni si compie il vecchio piano industriale (2015/17) con la chiusura di altri 14 sportelli: “Con questa ultima tranche  – si legge in una nota della Fisac Cgil regionale e coordinamento Fisac Bper – saranno 130 in totale, di cui 93, ovvero ben il 72%, del Banco di Sardegna. L’intera operazione, che ha riguardato sia l’Isola che le sedi nelle altre regioni d’Italia (20 sportelli chiusi su 29) – ha assunto i contorni, in tutta Italia, di un vero e proprio smantellamento, il presidio del mercato infatti, è ormai solo un ricordo”.

Il contributo dato in termini di risorse umane e presidio nel territorio è già altissimo, da qui la presa di posizione della Fisac: “Il nuovo piano industriale dovrà mettere al centro la valorizzazione delle peculiarità  del Banco di Sardegna e non potrà più essere centrato sulla riduzione della presenza sul territorio perché questo finirebbe per intaccare la forza del Banco, che è quella di essere punto di riferimento per la comunità sarda e per le sue realtà economiche e sociali”.

Da qui la richiesta: “Al posto di ulteriori chiusure e di continue pressioni commerciali su prodotti bancari e finanziari pensati per ben altri mercati, occorrono investimenti che forniscano a tutti gli sportelli infrastrutture e metodo di gestione moderni e funzionali, allineati allo standard delle migliori banche nazionali. Occorre dare ai lavoratori nuovi strumenti e competenze con una formazione più intensa e specifica e non solo di tipo generalista e motivazionale”.

In questo modo la rete del Banco di Sardegna potrà dare anche il suo contributo alla ripresa economica e sociale dell’Isola e alla crescita della ricchezza dello stesso gruppo  a cui appartiene. Per farlo “occorre investire sulle persone e sulla tecnologia e smetterla di ragionare solo in termini di tagli”.

 

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